La comunità italiota a Corfù negli anni della Serenissima

La storia d’Italia ha attraversato diverse tappe prima di arrivare alla sua unificazione, giunta solo nel 1861. Prima di allora la penisola fu suddivisa in entità politiche territoriali indipendenti denominate Stati italiani preunitari. Tra questi nel XVI secolo giunse agli onori della cronaca come potenza europea di primo piano la Repubblica di Venezia, la cui forte crescita fu  osteggiata dall’alleanza tra il Papa, la Francia, la Spagna, l’Inghilterra, l’Ungheria, e il Duca di Savoia. Iniziò così una lenta fase discendente che non compromise il suo potere se non dopo il XVIII secolo. Durante quegli anni la Repubblica di San Marco, nota anche come la Serenissima,  visse una fase di forte espansione territoriale, estendendo i propri domini nel Veneto, in  parte del Trentino, nelle provincie lombarde di Brescia, Bergamo, Crema e Cremona, ed in varie città della Romagna e della Puglia. Al di là dell’Adriatico occupò i territori dell’Istria, Dalmazia, Albania e delle isole Ionie, tra cui Corfù che rimase sotto il dominio veneziano per quasi cinque secoli. I rapporti tra la Repubblica di Venezia e Corfù trovano testimonianza nel centro storico della città, in cui è possibile  ammirare case, castelli e i resti della fortezza che la Serenissima fece costruire sull’isola. Quest’ultima fu per lungo tempo sede del Provveditore generale da Mar, titolo attribuito al governatore civile e militare delle Isole Ionie, e durante il dominio veneziano rivestì un ruolo di primo piano nel controllo dei borghi fortificati di Butrinto e Parga, il cui forte era comandato da un nobile corfiota. Posta sotto il controllo di un regime aristocratico, la città riconosceva nel Maggior Consiglio l’organo principale dell’amministrazione comunale. L’influenza  etnica e linguistica della Repubblica di Venezia, che vide numerosi veneziani trasferirsi nella cittadina greca,  fu tale da formare una comunità di italiani sull’isola. Per essa durante il Risorgimento Niccolò Tommaseo coniò il nome di italiani corfioti, anche in riferimento ai numerosi patrioti che si erano rifugiati nell’isola in quegli anni. Agli inizi del XIX secolo gran parte dei cittadini parlava l’italiano come seconda lingua, e numerosi erano i poeti e gli scrittori dell’isola che scrivevano in italiano, tra cui Stefano MartzokisGeronimos  Markonos. Ma durante la seconda metà dell’800,  la presenza di una comunità italiana nell’isola non fu ben vista dal governo greco. Questo per timore dell’irredentismo italiano vietò l’uso della lingua italiana, anche se non sortì l’effetto desiderato presso la comunità locale la quale continuò a professare l’uso di questo idioma. Comunità italiana che contrariamente dopo la Seconda Guerra Mondiale, in seguito alla sconfitta italiana, fu ufficialmente riconosciuta dal governo greco. Si avviò così il processo di integrazione dei pochi italiani corfioti rimasti nell’isola.  Il cui idioma detto “Veneto da Mar” non era altro che una forma coloniale del dialetto veneto italiano, frutto dell’ibridazione con la lingua locale, definito recentemente dall’UNESCO come lingua a rischio di estinzione.

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